Parrocchia di Lamone-Cadempino

Indice

Storia

Nel 2018 ricorreva il 550.mo dalla fondazione della Parrocchia di Sant’Andrea, che comprende nella sua giurisdizione le località di Lamone e Cadempino. L’autonomia fu acquisita infatti il 24 marzo 1468, staccandosi dalla chiesa-matrice della Pieve di Lugano.

Sembra che prima della separazione da San Lorenzo (1468), e forse già molto prima, a Lamone vi era un prete beneficiato o cappellano che provvedeva al servizio religioso festivo e la cui la congrua veniva assegnata mediante i proventi dei beni stabili, che – secondo vecchie carte in archivio – già allora la chiesa possedeva col concorso delle oblazioni dei fedeli, ma non bastava. Il cappellano nel 1468 era un certo Giacomo da Intra, divenuto poi primo parroco della nuova Parrocchia. Il cappellano non aveva obblighi verso la popolazione per la cura d’anime; la sua giurisdizione d’altronde era limitatissima e sempre regolata dal parroco plebano di S. Lorenzo che era il vero parroco. Ma i nostri antenati non erano soddisfatti. La domanda di separazione da S. Lorenzo era motivata dal fatto che la strada da Lamone a Lugano era difficile, attraversata da torrenti, funestata dai ladri, per cui vi era pericolo evidente o di incappare nei malviventi, oppure d’affogarsi nell’estate e seppellirsi nella neve d’inverno.

I parroci nel passato (dal 1468 in poi)

Dal momento della separazione dalla chiesa di S. Lorenzo in Lugano (1468) ad oggi la Parrocchia di S. Andrea a Lamone
– elevata al grado di prevostura nel 1758 –
è stata retta da questi parroci, riportati in ordine cronologico:
Giacomo di Intra, 1468.
Andrea De-Purisollis di Spurano, comense, 1518-1521.
Luigi De-Pocobellis di Lugano, 1521-1584.
Francesco De-Albertonis di Torricella, 1585-1591.
Alberto De-Ferraris di Lamone, 1591-1607.
Giovanni Tarilli di Cureglia, 1607-1608.
Giov. Batt. Caresana di Cureglia, 1609-1615.
Francesco Novellio di Comano, 1616-1622.
Antonio Quadri di Lugaggia, 1624-1639.
Giacomo De-Ferraris di Lamone, 1639-1668.
Andrea Ferri di Lamone, 1670-1685.
Domenico Ghezzi di Lamone, 1686-1688.
Giacomo De-Rubeis di Castelrotto (notario apostolico), 1688-1727.
Gerolamo Tamossi di Cadempino,1727-1752.
Francesco-Zaverio De-Bernardis di Lamone,1752-1753.
Morto il 19 febbraio 1822 dopo essere stato a lungo parroco-priore a Ligornetto nonché rettore del seminario di Como e per 16 anni
professore di teologia, come pure deputato (dal 1803 al 1815) del Gran Consiglio per il Circolo di Stabio.
Giovan Battista De-Nigris di Fescoggia, 1753-1797. Fu il primo parroco-prevosto.
Giuseppe Ghezzi di Lamone, 1797-1835. Maestro sino alla morte di latino e di italiano, nonché professore di teologia. Andrea Franchini di Lamone, protonotario apostolico, 1835-1847. Con il fratello Michele nel 1849 fondò il legato per la fornitura di materiale scolastico a scolari poveri del Comune.
Agostino Chiccherio Scalabrini di Giubiasco,
canonico extraresidenziale del duomo di Lugano e vicario foraneo del Vicariato di Bironico, 1848-1899. Annota don Sarinelli: «Fu senza dubbio il parroco più distinto di questa Parrocchia e anche il più ricordato. Sono passate delle generazioni, ma il parroco Scalabrini è tuttora in memoria e venerazione», non da ultimo perché pastore amatissimo sull’arco di mezzo secolo.

e quelli del Novecento:

Francesco Rossetti di Biasca, vicario foraneo del Vicariato di Lamone dal 1899 al 1918, poi parroco amatissimo a Cresciano.
«Per la chiesa ha provveduto alla sua nuova decorazione, spendendo largamente del proprio denaro. Nella casa parrocchiale ha introdotto delle migliorie e delle comodità con sacrificio personale.
Amò la Parrocchia». Attinente di Biasca e nato il 23 giugno
1866, venne ordinato sacerdote il 15 giugno 1889 dopo gli
studi nei seminari di Barlassina e di Monza. Il 16 giugno 1889
canonico coadiutore a Biasca, il 19 maggio 1892 economo spirituale a Chironico, dal 12 marzo 1899 parroco di Lamone, dal luglio 1918 economo spirituale di Sant’Abbondio e un anno dopo economo spirituale di Cresciano, rassegnando le dimissioni da parroco di Cresciano nel 1945, pur rimanendo quale quiescente nella casa parrocchiale. Morto il 22 settembre 1948 a Cresciano.

Lungo apostolato (1919-1966) di don Giovanni Sarinelli

Ed eccoci al compianto don Giovanni Sarinelli, parroco dal 1919 al 31 dicembre 1966, allorquando rinunciò alla Parrocchia.
Era nato il 31 agosto 1885 ad Oggio di Lopagno, figlio di Luigi e Teresa nata Borri. Da ragazzino si manifestò in lui una grande fede, che – con il passare degli anni, alla scuola della madre «di grandi qualità interiori» e al cristallino esempio dello zio prete don Enrico Borri – si trasformò in vocazione al sacerdozio. Entrò pertanto giovanissimo in seminario (prima a Pollegio e poi a Lugano) e venne ordinato sacerdote il 28 giugno 1908 da mons. Alfredo Peri Morosini. Lo stesso canonico Sarinelli amava ricordare che la sua ordinazione fu una specie di corsa contro la morte: di salute cagionevole, venne infatti consacrato prete con una certa premura, siccome i suoi superiori erano convinti più di dare al cielo un sacerdote novello che alla terra un ministro di Dio. Quale primo campo di apostolato gli venne assegnata nel luglio 1909 la piccola Parrocchia di Carabbia, rimanendovi sino al 18 gennaio 1919: il tempo sufficiente per fare un’utile esperienza pastorale ed irrobustire il fisico indebolito dalle malattie. Il giorno successivo, ovvero il 19 gennaio 1919, arrivava a Lamone. «Vi giunse, si può dire, nottetempo, da solo, con poche cose, il breviario e qualche libro, da nessuno accolto, anche se in tutta la popolazione vi era un sentito bisogno di riconciliazione. La Parrocchia, infatti, attraversava allora un momento difficile.
Toccò quindi al nuovo parroco riappacificare gli animi, riportare i fedeli al tempio, ristabilire in tutti, credenti e meno credenti, il reciproco rispetto e la tolleranza… Fu una missione, quella, che il
giovane prete attuò con la tensione interiore e lo stile che caratterizzeranno tutta la sua attività a Lamone-Cadempino: da una parte, animato da una grande carità cristiana (“Non ho mai odiato né desiderato del male ad alcuno”, scriverà nel suo testamento spirituale) e, dall’altra, sorretto da un solido realismo che lo portava a puntare con decisione al concreto, libero da ogni formalismo e a costo, qualche volta, di apparire ribelle a leggi e regolamenti ». Val la pena considerare un fatto a pochi noto ma indicativo: il canonico Sarinelli venne delegato a Lamone-Cadempino quale prevosto e vicario foraneo (a partire dal 1927), ma ufficialmente non fu mai investito di questi titoli, per cui egli visse per oltre cinquant’anni con l’«abusivo» titolo di prevosto: «abusivo», sia ben chiaro, soltanto nei confronti della prassi, dato che fra il popolo mai nessuno dubitò del pieno merito e del legittimo diritto di portare tale titolo. Egli divenne, anzi, per tutti, il prevosto per antonomasia. Carità e realismo, scrive Attilio Grandi, due virtù che – fuse insieme – gli consentirono di essere un buon sacerdote, pio e fedele alla Chiesa, ma anche «un uomo estremamente vigoroso e vivace, prorompente di iniziative: un prete che mi sembrò persino pronto a deporre, in qualche occasione, l’abito talare per meglio calarsi nella realtà quotidiana, specie nella dura realtà dei poveri, dei perseguitati, dei rifugiati politici, e per poter lottare più apertamente contro le discriminazioni e i tentativi di emarginazione a cui erano allora sottoposti i cattolici». È in questo contesto, favorito anche dal tempo, che nacquero e maturarono sue scelte sociali e politiche ed è per questa sua disponibilità a cogliere subito le esigenze del momento che si concretarono altresì sue splendide iniziative. Così, la casa dei bambini – opera da pioniere, se si pensa che eravamo nel 1919 – per il canonico Sarinelli non fu soltanto un’iniziativa di bene e di carità, ma anche il segnodi quello spirito di progresso e di socialità che egli avrebbe desiderato vederanticipato ed esteso a tutta la vita dei due Comuni. L’Azione cattolica, poi, significò per lui non soltanto un movimento di formazione religiosa dei laici, ma anche uno strumento di lotta quasi fisica (memorabileil suo gagliardo intervento nella «storica» rissa di Comano) senz’altro politica per la difesa e l’affermazione della religione. «Il suo temperamento di lottatore, di uomo d’azione e di sacerdote pronto ad accendersi di entusiasmo per la santa causa della “benefica fede ai trionfi avvezza”, si mutava comunque in trascinantebontà di fronte alle sofferenze umane. Ed era, allora, di una umanità eccezionale nel comprendere, scusare ed accogliere tutti: “fino quasi ad arrivare al paradosso – come giustamente scrisse di lui un confratello – di immedesimarsi nella partigianeria politica e saperla dimenticare, superare, annullare quando si trattava di anime». I parrocchiani seppero comprendere, dal canto loro, implicitamente scusandole, certe sue impennate di parte e gli confermarono puntualmente la loro affettuosa fiducia, cosicché don Sarinelli – in una lettera al vescovo – poté ricordare, a proposito di una sua malattia, che durante la stessa aveva «conosciuto il vero animo della popolazione.
Al mio letto sono passati quasi tutti i miei parrocchiani, senza distinzione, e tutti poi si sono interessati di me. Le famiglie, per turno, sapendo benissimo che io non potevo disporre di mezzi, si erano obbligate a provvedermi di tutto il necessario per il regime prescritto dai medici, così che non ho speso un centesimo: vino, carne bianca, frutta squisita, tutta questa roba mi venne regalata dai miei parrocchiani, conservatori, liberali e socialisti».
Secondo Attilio Grandi, come si legge sempre nella prefazione del libro su Lamone- Cadempino, don Giovanni Sarinelli è stato – per la comunità dei due paesi alla periferia di Lugano e per la diocesi – «un sacerdote indubbiamente singolare ed eclettico, un fedele ministro di Dio, un predicatore incisivo e trascinante, uno scrittore gradevole da leggere, uno studioso intelligente e dotato di spirito critico nei confronti delle cose nostre, un indagatore acuto (il suo saggio sulla diocesiè stato il primo e, per parecchio tempo, l’unica fonte a cui attingere), un realizzatore di opere e di iniziative benefiche e sociali che oggi sono chiamate progressiste, e un cittadino sorretto dai più sentiti principi democratici. Era, come si suol dire, un uomo tutto d’un pezzo e proprio per questo sapeva essere anticonformista fino a non temere di apparire talvolta persino scomodo a chi non conoscesse le intime motivazioni del suo irruente agire ». La sua casa – scrive, da parte sua, Edy Maggi, ricordando il prozio prete (fratello della nonna materna) – era aperta a tutti: parrocchiani, amici e personalità di ogni ceto. La canonica era così diventata, di fatto, una famiglia allargata a tutta la popolazione.
Il canonico Giovanni Sarinelli è morto nella clinica di Moncucco a Lugano, fra il rimpianto generale, il 7 novembre 1969. È sepolto a Lamone.

Da don Carlo Quadri a don Osvaldo Gaggetta

Pure assai lungo il ministero sacerdotale di don Carlo Quadri, precisamente dal maggio 1963 al 2000. Attinente di Tesserete, è nato il 22 luglio 1931 (deceduto il 7 gennaio 2024) e, dopo gli studi in seminario a Lugano e a Roma, è stato ordinato sacerdote l’11 aprile 1955; quello stesso anno, il 20 agosto, è diventato vicario di Quinto, il 25 luglio 1957 parroco di Bidogno, nel 1961 vicario della Parrocchia di San Nicolao a Lugano. Il 9 maggio 1963 ha assunto l’incarico di vicario di Lamone e l’8 marzo 1967 quello di parroco nello stesso paese, seguendo pure per brevi periodi le Parrocchie di Vezia e di Gravesano e rivestendo l’incarico di vicario foraneo del Malcantone e Vedeggio, mentre nel 1986 don Carlo Quadri è stato nominato giudice del Tribunale ecclesiastico di Lugano; a partire dal 16 agosto 2000 canonico del Capitolo della cattedrale di San Lorenzo e il 17 agosto di quello stesso anno nominato economo diocesano e cancelliere vescovile.
Nel 2014 ha rinunciato alla carica di cancelliere ed economo, rimanendo canonico del Capitolo della cattedrale.
Mentre don Sarinelli era il tipico «parroco di campagna», don Carlo Quadri si è distinto come «prete di frontiera». «Sono stati ben 37 anni di esemplare missione pastorale, scriveva nel 2000 Carlo Franchini, presidente del Consiglio parrocchiale di Lamone- Cadempino. Don Carlo è stato capace di animare una vita pastorale intensa e a giusta misura con i nostri tempi, tenendo vicine le due comunità e, soprattutto, è riuscito a far convivere nell’amicizia tutta la gente, anche quelle persone di diversa etnìa che hanno registrato – negli ultimi anni – un evidente aumento di presenze». È vero. Don Carlo è stato il parroco di tutti. Messosi al servizio, e non soltanto religioso, di una comunità vivente confrontata con un’evoluzione marcata dai problemi di una società moderna e da una crescita demografica contraddistinta da un importante flusso migratorio, ha predicato i principi cristiani che si fondono sulla solidarietà e ha lavorato a favore dell’accoglienza e dell’integrazione.
Anche per tutto ciò l’autorità comunale gli ha giustamente accordato la cittadinanza comunale. Ai Lamonesi ha insegnato le virtù non solo cristiane ma anche civili del rispetto reciproco e di una convivenza serena e produttiva; per i molti emigranti (specie alla comunità calabrese e a quella cilena sfuggita alla dittatura di Pinochet) ha chiesto la pratica di un’ospitalità concreta, libera da preconcetti e pregiudizi, in nome di un’appartenenza integrata. Non stupisce pertanto che soprattutto fra i profughi cileni si accosti don Carlo, per i suoi meriti, al pastore Rivoir.
Siro Casari così ricorda don Carlo Quadri, deceduto il 7 gennaio 2024
Testamento spirituale di don Carlo Quadri.
In memoria di don Carlo Quadri da parte della Diocesi di Lugano.


Don Sandro Bonetti, attinente di Maggia e nato il 5 aprile 1938, ha invece svolto il mandato di parroco soltanto dal 2000 al 2004. Ordinato sacerdote il 29 maggio 1965 dopo gli studi al seminario diocesano San Carlo a Lugano, dal 19 agosto di quello stesso anno ha operato in qualità di segretario del vescovo mons. Angelo Jelmini, mentre dal 19 settembre 1966 è stato docente al Collegio Papio di Ascona, dal 22 settembre 1969 assistente dell’Unione femminile cattolica ticinese e il 19 luglio 1975 è stato nominato rettore del Collegio Pio XII di Lucino. Il 16 settembre 1981 ha assunto l’incarico di parroco di Cadenazzo e di Sant’Antonino, il 25 settembre 1987 è diventato rettore della Comunità teologica di Friborgo e nel 1992 ha assunto le funzioni di direttore del Centro diocesano delle vocazioni. Don Sandro Bonetti è tornato poi sul «campo» del ministero
sacerdotale, assumendo – a partire dal 28 settembre 1996 – l’incarico di parroco di Coldrerio e il 18 agosto 2000 è diventato parroco di Lamone nonché canonico del Capitolo della cattedrale
di San Lorenzo, e il 14 maggio 2009 nominato parroco della Parrocchia della Cattedrale, ma nel dicembre 2013 ha lasciato l’incarico per motivi di salute, rimanendo canonico della Cattedrale.
– A lui, nella cura delle anime a Lamone, è subentrato nel 2004, e sino al 2007, don Sandro Colonna, attinente di Genova
e nato il 20 novembre 1950, con ordinazione sacerdotale il 22 settembre 1984 dopo gli studi nel seminario di Venegono e all’Università di Friborgo.
Molteplici e variegati i suoi incarichi:
nel 1983-1984 assistente dell’Oratorio di Lugano, dal 24 settembre 1984 vicario nella Parrocchia di Cristo Risorto a Lugano, dal 1° ottobre 1987 vicario a Chiasso lasciando il 31 luglio 1980 per trascorrere un periodo presso il Centro dei Focolari a Loppiano, dal 12 aprile 1989 vicario nella Parrocchia di Cristo Risorto a Lugano, dal 26 agosto 1992 vicario nella Parrocchia del Sacro Cuore a Lugano. Nell’autunno 1996 don Sandro Colonna è partito per un’esperienza missionaria in Brasile, rientrando in Ticino nel dicembre 2001, e dal 2002 ha assunto l’incarico di collaboratore di Bidogno operando altresì in seno agli esploratori quale assistente a livello diocesano, poi assistente dei portoghesi in Ticino e parroco di Muzzano, finché il 14 agosto 2004 è arrivato a Lamone con le funzioni di parroco, per compiere (a partire dal 2007) una nuova esperienza missionaria, stavolta in Congo, ma il 15 maggio 2013 rieccolo parroco delle comunità dell’Onsernone e dal 12 agosto 2014 parroco di Sessa-Monteggio e Astano.
– Successivamente, dal 2007 al 2015, a Lamone ha svolto il ministero sacerdotale don Osvaldo Gaggetta, attinente di Lavertezzo e nato il 14 agosto 1957. Prete dal 3 ottobre 1998 dopo gli studi alla Facoltà di teologia di Lugano: a partire dal 10 ottobre 1998 parroco di Quinto,dal 16 agosto 2007 parroco di Lamone,
dal 10 agosto 2015 parroco di Camorino e Sant’Antonino, ma nell’estate 2016 ha lasciato la Parrocchia per ritirarsi a
Lavertezzo. Deceduto nel 2022.

Dall’agosto 2015 parroco è Padre Angelo Fratus

L’attuale parroco a Lamone, dall’agosto 2015, è Padre Angelo Fratus. È nato a Martinengo (provincia di Bergamo) il 20 marzo 1958 ed appartiene alla Congregazione della Sacra Famiglia, dove ha percorso il cammino di formazione al sacerdozio. Studi teologici a Milano presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, conseguendo il baccellierato.
Dopo l’ordinazione presbiterale, ricevuta a Bergamo il 18 giugno 1987, è stato inviato sei anni in missione in Brasile e anche come rettore del seminario. Tornato in Italia, è stato vicario in una Parrocchia di Quarto Oggiaro a Milano, successivamente parroco
nella comunità di Suardi a Vercelli e, in seguito, ha vissuto un’esperienza missionaria in Mozambico nell’ambito delle opere della sua Congregazione.
Nel 2002 è entrato al servizio della diocesi di Lugano, dove gli è stata affidata la cura pastorale di Giornico, con Anzonico, Calonico, Cavagnago e Sobrio e – per un certo tempo – anche di Chironico.
È uno degli assistenti dell’Unione Confraternite della diocesi di Lugano ed era assistente spirituale dei Circoli ACLI attivi in Ticino. Dall’agosto 2015, come detto, è titolare della Parrocchia di Lamone-Cadempino. Padre Angelo gode, anche se presente da pochi anni, della stima e dell’affetto della popolazione, che lo considera un pastore buono e vicino alla gente.
Ascolta le interessanti omelie di Padre Angelo.